Il Giardino di Armida

 

Izabela Szlachetko - Tromba
Michele Croese - Organo


 

 

 

 

 

“Il Giardino di Armida” è un CD pubblicato nel 2015 dall'etichetta Ars Sonora che contiene trascrizioni per tromba e organo di sonate di Vivaldi, Telemann, Chedeville e Loeillet, nonché una versione per organo storico italiano delle Quattro Stagioni di Vivaldi. Queste trascrizioni, realizzate dal M.o Michele Croese, sono state interpretate da Izabela Szlachetko alla tromba e dallo stesso Croese all'organo, concertisti attivi da tempo sulla scena organistica e musicale internazionale.

Perché “Il Giardino di Armida”?
Il titolo del CD si ispira alla Gerusalemme liberata del Tasso, dove “il giardino di Armida” si configura, in una prospettiva estetica, come il luogo deputato dell'artificio; l'artificio è anche l'aspetto che contraddistingue la trascrizione e l'interpretazione delle sonate e dei concerti raccolti in questo CD, l'obiettivo del quale è, in senso lato, la ricreazione di un'idea del Barocco.

In effetti, tromba e organo è una formazione molto caratteristica, per questo periodo e repertorio.
Certamente. Grandi trombettisti del passato hanno realizzato storiche incisioni con un repertorio simile, e non a caso abbiamo voluto dedicare questo CD al M.o Sandro Verzari, che abbiamo avuto anche la fortuna di conoscere personalmente, nella sua straordinaria umanità; tuttavia le trascrizioni delle sonate che qui abbiamo inciso si differenziano da opere analoghe precedenti, perché puntano a trasformare il brano musicale originale in un dialogo equilibrato e paritetico fra la tromba e l'organo.

Il CD contiene, alternate con i brani per tromba e organo, le Quattro stagioni di Vivaldi in una sua trascrizione per organo.
Che cosa l'ha spinto a realizzare questa trascrizione?

L'intento era quello di inserirsi nel solco delle trascrizioni per strumento a tastiera di alcuni celebri concerti di Vivaldi realizzate, a suo tempo, da Bach. La peculiarità di questa trascrizione risiede nel fatto di essere stata pensata per un organo storico italiano con alcune fondamentali caratteristiche: da questo punto di vista si è trattato anche di una sorta di sfida musicale, nel tentativo di dimostrare le grandi potenzialità di uno strumento (solo all'apparenza) “piccolo” come, nella fattispecie, il “Bianchi” di Stella Gameragna, caratterizzato, in realtà, da una tavolozza timbrica straordinaria.

Con quale criterio avete scelto gli organi per effettuare l'incisione?
La qualità fonica degli strumenti, in primis. La provincia di Savona e la Liguria, nel complesso, sono ricche di pregevoli strumenti storici, talvolta dimenticati o ingiustamente ignorati, se non proprio snobbati in quanto “piccoli organi di provincia”, appunto. Purtroppo, una grande percentuale di questi organi necessita di un adeguato restauro. I due strumenti in questione sono arrivati a noi uno (il “Bianchi” di Gameragna) in condizioni eccezionali di autenticità, mentre l'altro (il “Vittino” di Millesimo) è stato restituito al suo originario splendore in seguito ad un magistrale restauro realizzato dal M.o Graziano Interbartolo, che ha consentito il recupero totale della bellezza originaria del suono, fissato ora in un'incisione digitale.

Il cd è stato pubblicato da una casa editrice polacca. Perché questa scelta?
Da alcuni anni sto cercando di condurre un'attività di promozione e divulgazione della conoscenza del patrimonio organario locale (cfr. Festival Organistico Internazionale "Agati in Concerto") organizzando concerti e masterclass che hanno portato a Savona, e nell'estremo ponente ligure, studenti dell'Università “Wyszynski” e dell'Accademia “Chopin” di Varsavia, nonché della Reale Accademia di Aarhus (Danimarca). L'interesse delle giovani generazioni di organisti nord europei nei confronti degli organi storici italiani è molto grande, e la possibilità per questi studenti di misurarsi con strumenti pregevoli è sempre stata accolta con entusiasmo dalle stesse istituzioni accademiche che hanno patrocinato gli eventi. Ho pensato, pertanto, che nel contesto della discografia organistica polacca, e più in generale nord europea, questo cd potesse rappresentare una significativa testimonianza della nostra tradizione organaria. Il disco sarà reperibile su internet, sul sito della casa editrice, e quindi potenzialmente aperto ad un mercato internazionale. Una curiosità: Ars Sonora ha previsto la presentazione del CD in Polonia in contemporanea al nostro concerto di inaugurazione in Italia, il 22 novembre 2015, che, tra l'altro, è anche il giorno di S. Cecilia.

Un bilancio sul progetto e la sua realizzazione?
Ad un anno esatto dai giorni in cui è stata effettuata l'incisione siamo complessivamente soddisfatti del risultato ottenuto e grati a tutti quanti hanno collaborato con noi: dal tecnico del suono, Jakub Garbacz, al M.o Graziano Interbartolo, per la messa a punto degli organi e l'assistenza fornita durante la registrazione dei brani, a Luigi Cerati per le foto, a Valerie Brown, Flavio Dellepiane e Renate Brosch per le traduzioni in inglese dei testi e a Marzia Vignali per la realizzazione grafica del libretto. Un ringraziamento particolare va indirizzato alle parrocchie di Millesimo e Stella Gameragna, che hanno accolto il nostro progetto, e ci hanno messo generosamente a disposizione i loro strumenti. Ci auguriamo che questo disco possa contribuire, in qualche modo, a far conoscere, anche al di fuori dei confini locali e nazionali, i pregevoli organi che hanno l'onore e l'onere di conservare.

(R.D).

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Michele Croese si è diplomato in pianoforte, organo e composizione organistica, clavicembalo, musica corale e direzione di coro. Ha conseguito un diploma di specializzazione in pianoforte presso l'Accademia “Chopin” di Varsavia. Medaglia del Presidente del Senato della Repubblica al Premio Organistico “Giarda” 2002 è organista onorario presso la Basilica di S. Prassede in Roma.È il direttore artistico del Festival Organistico Internazionale
"Agati in Concerto"
e della Rassegna di Musica Classica "Al lume delle stelle".
. Unisce all'attività musicale la ricerca su letteratura e musica. Nel 2007 ha conseguito il PhD presso l'Università di Genova, dove nel 2009 ha lavorato ad un progetto su Michelangelo Rossi. Ha tenuto conferenze presso l’Ateneo genovese e l’Accademia “Chopin” di Varsavia. Dal 2008 è consulente della Sezione di Musicologia dell'Università “Wyszynski” di Varsavia. Ha pubblicato due monografie e saggi su Chopin, Leopardi, Montale e Tasso.
Ha curato la pubblicazione di due sonate di Mozart per strumento da tasto, ricostruite sulla base di alcuni frammenti (Cordero, Genova 2014).

Izabela Szlachetko ha terminato gli studi musicali superiori presso l'Accademia “Chopin” di Varsavia e conseguito il diploma di tromba anche presso il Conservatorio “Paganini” di Genova. Ha seguito corsi di perfezionamento con Anatolij Sielianin e Sandro Verzari. Ha tenuto concerti come solista, con ensemble strumentali e con orchestre in tutta Europa. Ha collaborato con l'Orchestra dell'Accademia “Chopin”, con l'orchestra del Teatro “Wielki” e con la Filarmonica Nazionale di Varsavia. Svolge attività concertistica soprattutto nelle formazioni tromba piccolo-organo e tromba-pianoforte, in duo con Michele Croese, con il quale ha suonato anche presso sedi ed istituzioni prestigiose. Dal 2001 è docente di tromba presso l'Istituto Statale Comprensivo di Varazze (SV). In duo con Michele Croese ha pubblicato due cd di musiche sei-settecentesche per tromba e organo (Musica Instrumentalis. Sonate e Concerti per Tromba e Organo nel Secolo di Gio. Domenico Cassini, Intersound 2001; Il Giardino di Armida, Ars Sonora, 2015)

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Prefazione

Di natura arte par, che per diletto
l'imitatrice sua scherzando imiti.
Gerusalemme Liberata
, XVI 10, 3-4

In questo disco confluiscono due pubblicazioni edite con l'intento di arricchire il repertorio per tromba e organo e per organo solista: “Il Giardino di Armida”. Sonate del secolo XVIII trascritte per tromba e organo, a cura di Michele Croese, Qu.a.s.a.r. S.r.l., Milano 2012; “Tal che gioia apporte”. Le Stagioni di Vivaldi in una trascrizione per organo, a cura di Michele Croese, Qu.a.s.a.r. S.r.l., Milano 2012.
Il titolo del CD riprende, come si vede, il titolo della prima silloge. Nella Gerusalemme liberata del Tasso il “giardino di Armida”, collocato all'altezza del XVI canto, si configura come un universo circoscritto in cui la bella maga crea una sorta di paradiso terrestre, al fine di irretire il campione dell'esercito di Goffredo, Rinaldo, e tenerlo prigioniero del suo amore, lontano dal mondo e, soprattutto, dalla storia.
Al di fuori dello spazio (Tasso lo immagina all'altezza delle isole Canarie, ovvero oltre le colonne d'Ercole che, ai tempi della pri­ma crociata, costituivano pur sempre il limite estremo del mondo conosciuto) e del tempo, il giardino di Armida vive in un'eterna primavera dove la natura, per un perverso paradosso, già squisitamente barocco, si diverte a “fare il verso” all'arte, ovvero alla sua imitatrice per eccellenza (Cfr. Lib. XVI, 9-11).
In una prospettiva squisitamente estetica il giardino di Armida è il luogo deputato dell'artificio; e l'artificio che caratterizza questo mondo, dove la musica è un elemento di primaria importanza per irretire Rinaldo in un abbandono e in un deliquio dei sensi, diverrà più che mai evidente nel tardo rifacimento della Gerusalemme conquistata, dove il poeta, ripercorrendo l'alto magistero delle Rime, si accanirà sul verso già musicalissimo della Gerusalemme liberata per ipostatizzare nella consonanza e nella risonanza delle ottave la natura sensuale della musica del giardino di Armida (cfr. Lib. XVI 9-14 e Conq. XIII 9-14).
Ora, sempre in una prospettiva essenzial­mente estetica, l'artificio è anche l'aspetto che contraddistingue, in sostan­za, la trascrizione e l'interpretazione delle sonate e dei concerti raccolti in questo CD; l'operazione è stata condotta, in tal senso, con chiara consapevolezza, e su questo aspetto sarà opportuno un breve approfondimento.
Per quanto riguarda i brani per trombino in si bemolle e organo, al di là delle immediate apparenze, le trascrizioni di questa raccolta si discostano dai più celebri adattamenti storici (si pensi alla Collection Maurice André – Gèrard Billaudot) per un principio musicale di base: si è cercato, cioè, di prendere in considerazione soprattutto la logica musicale del testo, laddove in altri arrangiamenti del passato si è voluto procedere privilegiando l’attenzione all'abilità virtuosistica del solista, adottando anche, talvolta, soluzioni piuttosto discutibili.
In base a questo principio, il ruolo degli strumenti risulta assolutamente pariteti­co, e il brano musicale diventa un discorso equilibrato fra la tromba e l'organo che realizza il basso continuo. È curioso come questo principio estetico-musicale di base trovi un'alta trasfigurazione poetica nelle ottave del Tasso, fino ad imporsi all'attenzione del lettore come la cifra stilistica che caratterizza la dimensione musicale precipua del giardino di Armida:

Vezzosi augelli infra le verdi fronde
temprano a prova lascivette note;
mormora l'aura, e fa le foglie e l'onde
garrir che variamente ella percote.
Quando taccion gli augelli alto risponde,
quando cantan gli augei piú lieve scote;
sia caso od arte, or accompagna, ed ora
alterna i versi lor la musica òra.
Lib.
, XVI 12

Qui, tecnicamente parlando, il Tasso descrive un dialogo ricercato tra una voce, simbolicamente incarnata dal canto degli uccelli, ed un continuo armonico realizza­to dallo stormir delle fronde mosse, a caso o ad arte, dall'aura: è, letteralmente, la configurazione strutturale di base che caratterizza i brani qui raccolti. Quest'ottava basterebbe di per sé, nella sua evidenza, a giustificare la scelta del titolo.
Queste precisazioni erano necessarie in vista del prevedibile disappunto che, nell'ambito della più agguerrita filologia musicale, finiranno per suscitare le trascrizioni di queste sonate, pensate per un moderno trombino in si bemolle.
In realtà, un approccio critico rigidamente filologico finirebbe per fraintendere le intenzioni principali che stanno alla base di questo lavoro, l'obiettivo del quale è, in senso lato, la ricreazione di un universo sonoro ideale, meglio ancora di un'idea del barocco.
Per quanto riguarda le Stagioni di Vivaldi la trascrizione, realizzata con l'intento generico di approntare una versione eseguibile su di un organo storico italiano, è stata qui letta come un'opera aperta, e adattata allo strumento su cui si è scelto di effettuare l'incisione.
Consapevoli del fatto che il concetto di organo storico italiano apparirà all'esperto organista e musicologo molto approssimativo, si ritiene opportuno precisare che la terminologia impiegata vuole riferirsi ad uno strumento che, al di là delle caratteristiche specifiche delle varie scuole italiane, potrebbe essere stato costruito tra la metà del XVIII e la fine del XIX secolo.
Sempre per ciò che riguarda le Stagioni, alcune modifiche sostanziali, effettuate a monte da chi scrive, meritano forse un ulteriore approfondimento; in primis la trasposizione tonale della Primavera e dell'Inverno. Alla base di questa scelta, che potrebbe apparire di primo acchito difficilmente condivisibile, posta la fama universale di cui godono questi concerti e posta una specifica valenza semantica che la critica specialistica ha individuato nella scelta delle tonalità da parte di Vivaldi, ci sono numerose ragioni che verranno di seguito riassunte:
1) i temperamenti degli strumenti storici non sempre consentono l'esecuzione di tonalità come mi maggiore, do diesis mi­nore (Primavera), fa minore e mi bemolle maggiore (Inverno) e relativi toni vicini (si arriva fino a sol diesis minore nel Largo della Primavera); trasportare la Primavera una terza sotto consente di disporre di tonalità più “affidabili” come do maggiore, la minore e re minore: nel caso della Primavera, inoltre, considerando la Danza Pastorale del terzo tempo, c'è una ragione di ordine meta-testuale che può fornire un ulteriore avallo a questa scelta, là dove si consideri che le più celebri Pastorali della letteratura tastieristica italiana antica (come e.g. quella di Zipoli e Scarlatti) sono, appunto, in do maggiore;
2) la possibilità di ricondurre integralmente il testo nell'ambito dell'estensione do1-fa 5 (con prima ottava corta);
3) l'applicazione di questa pratica da parte dei grandi maestri dell'epoca: accingendosi a trascrivere cinque concerti dell'Estro Armonico Bach non esitò a trasporre di un tono (da sol maggiore a fa maggiore) il Concerto op. III n. 3, e di due toni (da mi maggiore a do maggiore, esattamente come è stato fatto qui con la Primavera) il Concerto op. III n. 12, ai fini di renderli eseguibili su di una tastiera con estensione do1-do5.
Questo disco, assieme alle pubblicazioni originali, vorrebbe altresì collocarsi in seno ad una problematica che ha recentemente caratterizzato alcuni ambiti della semiotica, della traduttologia e, per estensione, della letteratura comparata. Mi riferisco agli studi sulla cosiddetta “traduzione intersemiotica”.
Calare queste partiture in una simile prospettiva si rivela interessante almeno per due aspetti: 1) dal punto di vista della trasmutazione del testo originale che viene qui proposta, e che è stata realizzata anche in virtù di specifiche tecniche musicali già codificate nell'ambito di varie tassonomie e 2), per quanto riguarda nello specifico le Stagioni, dal punto di vista delle relazioni tra poesia e musica che informano l'opera di Vivaldi.
Considerata da alcuni come una feconda categoria critica, suscettibile di sviluppi virtualmente infiniti, e da altri come un'ipotesi di ricerca plausibile a patto di porre con precisione, a priori, opportuni e necessari distinguo, la traduzione intersemiotica è stata, negli ultimi anni, al centro di un fervente dibattito critico. Ora, al di là delle questioni teoriche di carattere generale, per quanto riguarda nello specifico le Stagioni di Vivaldi c'è da dire che questi concerti si configurano come un testo dove l'interazione e il connubio tra parola e musica assumono un rilievo di portata straordinaria nell'ambito della storia della nostra Cultura. Se è vero che per “la teoria dell'arte settecentesca […] la musica strumentale non è che una forma grave­mente imperfetta e deficitaria della musica vocale, incapace di significare nulla di definito in quanto priva di concetti e di oggetto [… e] soltanto nell'unione con la poesia o con un testo verbale […. può essere] arte in senso compiuto [in quanto] ornamento e piacevole risonanza di concetti, immagini e affetti significati dal linguaggio verbale” (Cesare Fertonani, La musica strumentale di Antonio Vivaldi, Olschki, Firenze 1998, pp. 6-7) è altrettanto vero che le Stagioni ribaltano questo paradigma nel momento stesso in cui paiono, per eccellenza, configurarlo, là dove si consideri che i celebri sonetti dimostrativi vennero “redatti da Vivaldi o da un suo collaboratore, se non a musica già composta, quantomeno nel corso di un articolato processo creativo [… ed] è […] probabile che a un primitivo stadio […] i concerti […] avessero come elementi di dichiarato riferimento extramusicale solo il titolo di testa [...], e forse anche qualche sottotitolo per certi movimenti […] pur essendo nondimeno improntati a un vero e articolato programma, di carattere privato e perciò tenuto nascosto” (Ivi, pp. 322-323).
Il che capovolgerebbe il rapporto presupposto, in genere, dall'ascoltatore tra testo poetico e musicale, facendo del primo una traduzione intersemiotica del secondo.
Non è che uno spunto: una riflessione approfondita su questo aspetto potrebbe essere svolta in altra sede. Qui si è voluto privilegiare l'aspetto della fruizione estetica dell'opera, collocandola nell'inconsueto orizzonte semantico del timbro di un organo storico italiano, e rendendola tal che gioia apporte all'ascoltatore curioso, ma, ancor di più, e soprattutto, all'interprete passionato.

Michele Croese